BOLOGNA - Abbiamo assistito lunedì sera, 17 giugno, nell'ambito di "Piazza Pulita" di Corrado Formigli, ad un confronto fra il rivoluzionario riformista, Walter Veltroni, e il rivoluzionario senza rivoluzione, Oliviero Toscani. Toscani ha incalzato Veltroni: in altri paesi gli uomini politici quando hanno fatto il loro tempo spariscono di scena, come gli imprenditori che, dopo aver proposto per anni un prodotto, sono superati da nuove merci; il mercato rende obsoleti loro, le loro idee e i loro manufatti. L'accusa era indirizzata a Veltroni che ha prima risposto sostenendo di essersi ampiamente fatto da parte rinunciando ad essere candidato e quindi eletto in qualsiasi istituzione italiana, poi ha proposto un'argomentazione graffiante. Anche tu - ha replicato - caro Toscani, verrai presto superato da fotografi più bravi e più giovani. La discussione a questo punto si è infilata lungo un percorso in cui Toscani ha avuto la meglio. Io - ha sostenuto il fotografo - sono sul mercato e resisto bene. Per questo continuo. Tu hai perso e sei superato. Perchè sei qui?
Abbiamo visto quindi due pretendenti a rappresentare in qualche modo un'idea di sinistra che propongono la loro idea della politica: una merce. E non una merce qualsiasi. Una merce storicamente determinata, quella del capitalismo attuale, quella, secondo il quale, un prodotto sopravvive se è performante rispetto alle regole che lo stesso mercato capitalista si è dato. Ad un certo punto Veltroni si è ribellato: io mi sono dimesso da tutto, ma non posso dimettermi da una mia passione. Isomma o è merce o al massimo è passione. La politica, bene che vada, vale più o meno come la caccia, la pesca d'altura, il giardinaggio o il birdwatching.
La constatazione che la sinistra non abbia un'idea della politica così diversa da una merce con tutta la tradizione di riflessioni profonde, contrastate ma feconde che negli ultimi cinquecento anni da Machiavelli in poi è stata frequentata, la dice lunga sulla confusione valoriale che regna in questa parte del campo politico. O perlomeno della confusione che c'è fra chi vuole spacciare il riformista di un sistema da non toccare o il rivoluzionario a cinquestelle o United colors come i simboli dietro i quali si agitano gli scenziati del laboratorio del cambiamento. "Andam ban", avrebbero detto i vecchi dirigenti comunisti bolognesi.